Questo dipinto scaturisce da un’opera precedente rielaborata poi sulla suggestione della lettura delle Mille e una notte.
Ifrit è un altro nome dei Djinn tipiche entità della cultura e letteratura araba, che possono essere maligne o benigne e ne esistono sia di sesso maschile che femminile.
Qui viene rappresentata una di queste, una figura immaginaria fatta di luce e di carne, la quale si muove da sinistra a destra. Vicino a dove comincia il movimento, tale figura è più astratta e manifesta come luce, in quanto è più vicina alla sua origine soprannaturale, invece nell’approsimarsi all’altro lato, vicino quindi al mondo reale fisico (dove compare anche la lampada dipinta realisticamente), tale entità si ricopre di un’apparenza più fisica.
Si tratta quindi essenzialmente della rappresentazione dell’incarnazione di una creatura appartenente al mondo spirituale.
Un antichissimo racconto orfico narra di come all’inizio esistesse solo Nyx (la Notte). Essa si trasformò in un corvo e depose in se stessa un uovo d’argento. Quando questo uovo si schiuse dalla metà superiore ebbe origine la volta celeste, da quella inferiore la Terra. Si narra anche in alcune versioni che ne uscì fuori Fanete, il primo dio (divinità della luce o dell’amore).
L’immagine rappresenta l’uovo circondato dall’oscurità, in torbido movimento, eccitata custode dell’elemento ovale. La pittura con cui è stato ritratto l’uovo può ricordare la terra vista dallo spazio, o comunque una nebulosità luminescente.
Si mostra in questo dipinto un poderoso flusso dai colori che richiamano la carne ed il sangue. Questo si ripiega e avvolge su se stesso, da onda si tramuta in una livida fauce.
Ad un’attenta osservazione possiamo intravedere accennati due elementi dell’anatomia interna del corpo umano, la cassa toracica, per richiamare la sede del cuore, e le radici di un dente, per alludere alla ossea radicalità con cui si vuole suggerire che questo flusso passionale sia radicato nell’essere dell’uomo.
L’Ellenismo si colloca storicamente poco dopo la Grecia Classica. Allontanandosi quindi temporalmente da quello che può essere considerato il massimo periodo di aspirazione estetica alla perfezione, esso può apparirci come una sorta di decadenza. Ma questo è solo uno spunto utilizzato nel titolo come suggerimento al contenuto del dipinto.
Su forme e volumi che richiamano la terra, la natura vegetale e minerale, l’ossidazione del ferro, corteccia e ruggine, fioriscono delle pennellate decorative, dei ricami in un piacevole virtuosismo tecnico.
La figura nel suo insieme richiama una Nike alata, alta e slanciata, con interessanti cavità e fratture, con forme spezzate che ne cantano la maestosa rovina.
In latino il titolo significa “Comando a vivere” o anche “Ordine di vivere”.
Una figura luminosa, quasi incandescente, si erge tra confuse nubi scure e si staglia in un cielo vigorosamente blu.
La forma vuole suggerire una scena in cui si sollevi un luminoso essere, che per imperativo della divinità è chiamato alla vita. Una scena iperuranica se vogliamo.
Si pensi ad una parola scambiata tra Dio ed un’anima. Non aggiungeremo altro.
Il nome si costruisce delle parole “cielo” (da uranon) e presa o scelta (da airesis).
Tutti gli elementi, dalla composizione, alle linee, ai colori ed alle forme, richiamano il cielo e coloro che lo percorrono.
Possiamo intravedere delle ali, un accenno di piumaggio, una vela, delle pale di un elicottero, le nubi di un motore a reazione, ma l’elemento più caratterizzante è questo slancio sulla diagonale che attraversa il dipinto verso l’angolo in alto.
Questa figura dall’aspetto eroico e marziale, quasi vestita di una rubina armatura, cela, nella sua imperscrutabile impassibilità, cavernosi volumi, agitazioni purpuree che si muovono ed agitano sotto la superficie.
Tutti gli elementi sono deformati da questi movimenti interni ed interiori: la linea dalla spalla si apre come un’ala di drago, la cassa toracica è piccola e storta, soltanto la testa è ferma ed in asse, come una ferrea volontà che si erge sul tumulto sottostante.
Facilmente guidati dal titolo si può individuare la figura astratta che rappresenta un profeta, un santo o un eremita.
Lui luminoso in conversazione con il cielo luminoso in mezzo ad altre nubi più tumultuose e cupe.
L’atmosfera è fiammeggiante e tutti gli elementi sono agitati fuorché il profeta, unico elemento in solida verticalità e con accennata posa orante.
Questa è la prima opera informale che l’autore ritenne degna della sua produzione dopo alcuni precedenti tentativi.
Volumi semi-liquidi si muovono sotto una sottile e scura cupola avvolgente, come una bolla, analogamente ad un citoplasma. La figura all’interno può richiamare una figurina femminile, in cui si riconosce appena una fianco e la spalla, mentre il resto è come una copiosa e plastica chioma.
Dedicato alla neonata figlia di un caro amico si propone la visione di un aurea goccia che cade nel mare della vita, erompendo nella realtà come un carro trainato da vari animali (ben 13 e due vaghe figure umane che potete ricercare).
Collezione privata.